Ultrafiltrazione a membrana combinata con US: vantaggi e limiti
L’introduzione di limiti normativi più restrittivi per lo scarico di acque reflue (D. Lgs 152/06) e l’emanazione di norme mirate al riutilizzo dei reflui depurati per uso irriguo, civile o industriale (D. Lgs 185/03) hanno portato alla necessità di migliorare gli impianti di depurazione esistenti, introducendo dei trattamenti terziari prima assenti. Tra i vari trattamenti avanzati, l’ultrafiltrazione a membrana è una tecnologia che si è largamente diffusa grazie alla sua efficienza nell’ottenere un’alta qualità dell’acqua: tra le varie applicazioni troviamo l’utilizzo come trattamento per la potabilizzazione dell’acqua\cite{Gao_2011}, per la bonifica delle acque \cite{Corpuz_2021}, per la cattura e l'utilizzo sostenibile di CO2 emessa dagli impianti di trattamento delle acque reflue \cite{Pahunang_2021}\cite{Senatore_2021}.
I limiti di questa tecnologia risiedono nel fenomeno del fouling o sporcamento, generato principalmente dalla sostanza organica presente all’interno delle acque e dalle particelle che ostruiscono i pori della membrana stessa.
Un altro limite è che queste incrostazioni devono essere eliminate e quindi la membrana richiede una pulizia periodica. Molte tecniche sono state studiate per la pulizia: fisiche\cite{Shi_2014} \cite{Fortunato_2020} e chimiche, quelle più diffuse.\cite{Porcelli_2010} La pulizia, in particolare quella chimica, ha degli effetti negativi: infatti produce un danneggiamento delle membrane alterando le proprietà e il corretto funzionamento \cite{Arkhangelsky_2007}, ne riduce la produttività e la vita utile della membrana con relativi costi di sostituzione, aumenta il fabbisogno di energia e produce dei rifiuti chimici che devono essere smaltiti.
Per quanto riguarda il problema dell’intasamento delle membrane, molte ricerche hanno studiato l’ultrafiltrazione a membrana con materiale diverso da quello plastico \cite{Aloulou_2020} \cite{Pervez_2020} \cite{Borea_2017} o la possibilità di rivestire queste membrane\cite{Yu_2016} \cite{Ibrahim_2019} o ancora utilizzando membrane ibride \cite{Mazani_2019} \cite{Ibrahim_2020}\cite{Abdallah_2020}\cite{Abdulkarem_2020}.
Altri studi invece hanno focalizzato l’attenzione sulla possibilità di controllare le incrostazioni tramite una tecnologia che utilizza gli ultrasuoni (US). Ma anche questa soluzione presenta dei limiti in quanto l’irradiazione, soprattutto se continua presenta dei costi elevati e l’uso degli US può danneggiare le membrane polimeriche.
Il vantaggio degli US, però, sta nel ridurre le incrostazioni grazie al fenomeno della cavitazione acustica, cioè la formazione, lo sviluppo ed il collasso implosivo di bolle (o cavità) all’interno di un liquido sottoposto ad un intenso campo ultrasonoro. \cite{Naddeo_2007}Gli ultrasuoni, in un mezzo elastico, generano un ciclo di compressione e rarefazione, portando alla formazione di bolle. Durante la cavitazione, per un brevissimo istante, il collasso di queste bolle produce un innalzamento della temperatura fino a 5000K ed una pressione di circa 1000atm: si ha la formazione di radicali liberi reattivi con un elevato potere ossidante. \cite{Naddeo_2007}\cite{Aghapour_Aktij_2020}