L’agricoltura urbana

Secondo l’economista inglese Thomas Malthus la società moderna raggiungerà un punto in cui i mezzi di produzione non basteranno per soddisfare la crescente domanda alimentare. D’altronde la FAO riporta che nei prossimi 30 anni sarà necessario incrementare la produzione agricola del 70% rispetto a quella odierna per rispondere alla pressante crescita demografica mondiale \cite{hui2011}. Inoltre l’attuale industria alimentare racchiude una contraddizione spiazzante: il 9% della popolazione mondiale soffre la fame, e allo stesso tempo un terzo del cibo prodotto viene sprecato ogni anno. Ad ogni modo la scarsità di alimenti non è l’unico limite dell’attuale sistema agricolo: una delle maggiori preoccupazione è lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali - come l’acqua e il suolo - e l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi che causano il degrado degli ecosistemi naturali \cite{Hasan_2020} \cite{2014}
Per rispondere a queste problematiche si può ricorrere all’urban farming, un modello ecosostenibile che consiste nella produzione agricola direttamente in città.  In questo modo l’agricoltura urbana offre una possibilità di rigenerazione agli spazi inutilizzati o dimenticati \cite{Nestic__2020} attraverso la creazione di orti, serre e tetti verdi. Si tratta di una soluzione dal forte impatto socioeconomico che contribuisce all'economia di piccola scala attraverso la produzione alimentare a km zero.

Le colture fuori suolo: dall'idroponica all'acquaponica

Nel panorama dell’urban farming rientra l’agricoltura fuori suolo, che consiste nella coltivazione di piante e ortaggi mediante soluzioni ricche di nutrienti. La crescente domanda di colture fuori stagione ha infatti costretto il settore agricolo ad esplorare nuove tecniche di coltura e sistemi con capacità produttive sempre maggiori. Nello specifico, l’idroponica è una tecnica di produzione in cui le colture sono allocate in un mezzo acquoso da cui traggono nutrimento. I nutrienti infatti possono essere assorbiti dalle radici nude sotto forma di ioni inorganici disciolti in acqua \cite{Eldridge_2020}. La soluzione nutritiva utilizzata per colture idroponiche contiene tutti i macronutrienti (azoto, fosforo, potassio, calcio, magnesio e zolfo) e micronutrienti (ferro, rame, manganese, zinco molibdeno e boro) necessari per lo sviluppo delle piante \cite{Roosta_2013}.
Dall’integrazione tra l'idroponica e un sistema di acquacoltura a ricircolo (in cui si svolge l’allevamento ittico per il consumo umano attraverso un ricircolo idrico) nasce l’acquaponica \cite{2019}. Nei sistemi acquaponici le specie acquatiche producono una grande quantità di scarti metabolici che viene trasformata in nutrienti per le piante grazie all’attività batterica. I batteri nitrificanti sono il vero motore biologico del ciclo acquaponico in quanto ossidano l’ammoniaca prodotta dai pesci e producono i nitrati, che sono i nutrienti fondamentali per la crescita vegetale \cite{Fitzgerald_2015}. In seguito l’acqua viene depurata dalle piante stesse e può tornare alle vasche di allevamento dei pesci. In questo modo si mitigano due pressioni ambientali: l'utilizzo di fertilizzanti e pesticidi per l'agricoltura, e lo smaltimento delle acque reflue degli impianti di acquacoltura.
L’acquaponica è un sistema integrato che non richiede l’uso del suolo e comporta consumi idrici minimi poiché permette di risparmiare oltre il 90% dell’acqua necessaria per l’agricoltura tradizionale. Infatti l'applicazione commerciale dell'acquaponica sta crescendo soprattutto nelle regioni del mondo dove c’è una forte scarsità idrica e assenza di suoli fertili, come nel Medio Oriente e nel Nord Africa (Paesi MENA) \cite{Goddek_2015}.