La biomassa ottenuta rappresenta inoltre una risorsa riutilizzabile \cite{Naddeo_2021}, che può essere adoperata per produrre beni di valore commerciale, come biocarburanti rinnovabili, alimenti, mangimi per animali e acquacoltura e altri prodotti come cosmetici, nutraceutici, prodotti farmaceutici, bio-fertilizzanti, sostanze bioattive \cite{Mikhelkis_2020}. I sistemi impiegati nella coltivazione autotrofica delle microalghe possono essere suddivisi in due macro-categorie: i sistemi all’aperto e i sistemi al chiuso, i quali si differenziano rispettivamente in base al contatto o meno con l’ambiente esterno. I sistemi all’aperto (open ponds) sono caratterizzati da estese superfici di massa acquosa nelle quali viene coltivata l’alga, sono semplici dal punto di vista costruttivo e operativo ma essendo a contatto con l’atmosfera sono sistemi potenzialmente soggetti a contaminazione, in quanto vi è libero scambio di gas tra ambiente e sistema \cite{Yen_2019} . Inoltre negli open pond le condizioni di coltivazione non sono facilmente gestibili, ciò li rende sistemi poco controllati e caratterizzati da un minore tasso di crescita delle microalghe rispetto ai sistemi chiusi. 
I fotobioreattori (PBR), invece, sono sistemi in cui la coltivazione avviene in contenitori chiusi e ciò permette di superare molte delle limitazioni biologiche e delle barriere ambientali che presentano i sistemi aperti \cite{Oliva_2019} \cite{belgiorno2018}. Vi è infatti un basso rischio di contaminazione e una maggiore produttività di biomassa in quanto è possibile gestire il sistema facendolo lavorare sotto condizioni operative ottimali \cite{Yen_2019}. L’attività di ricerca condotta presso il Laboratorio di Ingegneria Sanitaria Ambientale (SEED) dell’Università degli Studi di Salerno ha investigato l’implementazione e l’efficienza di rimozione della CO2 di un innovativo processo biologico denominato seedPBR \cite{2020}, sviluppato dal Gruppo di ricerca di Ingegneria Sanitaria Ambientale nell’ambito delle tematiche e contributi al controllo e la minimizzazione dei cambiamenti climatici con sistemi tecnologici avanzati \cite{Al_Ali_2020} \cite{Naddeo_2020}\cite{Comia_2019}.

Materiali e metodi

Si tratta di un sistema integrato per la cattura ed il recupero dell’anidride carbonica composto da una colonna di assorbimento ed un fotobioreattore. La specie impiegata come organismo fotosintetico è stata la Chlorella vulgaris, ottenuta dal mezzo di coltura di alghe e protozoi (CCAP) proveniente da Dunbeg in Scozia. Il ceppo è stato pre-coltivato nel mezzo EG:JM e successivamente coltivato usando Bold’s Basal Medium (BBM). Il set-up sperimentale è costituito da un fotobioreattore cilindrico, realizzato in plexiglas e avente un volume di 40 litri, connesso ad una colonna di assorbimento caratterizzata da una capacità volumetrica di 8 litri  \cite{Senatore_2021}. In 4 punti diametralmente opposti a circa metà altezza del seedPBR sono posizionate 4 luci a LED che garantiscono un’intensità luminosa di circa 100 μmol/m2 s. Durante l’intera sperimentazione è stato implementato un fotoperiodo di 12:12 h, alternando cioè 12 ore di luce a 12 ore di scuro. Attraverso un compressore è stata introdotta aria in modalità continua nell’arco di tutta l’attività attraverso dei diffusori a pietra porosa situati nella parte inferiore della colonna di assorbimento. Il principale obiettivo dell’attività è stato valutare il potenziale della biotecnologia riguardo il controllo delle emissioni di anidride carbonica e le sue efficienze di rimozione al variare della portata di ricircolo. È stato seguito un programma operativo giornaliero di 6 ore, all’interno del fotoperiodo di 12 ore di luce, che prevedeva un ciclo continuo di immissione di CO2 ed il ricircolo del mezzo liquido di coltura tra il reattore e la colonna in modo da evitare la sedimentazione della biomassa e per migliorare la cattura dell’anidride carbonica. Il sistema è stato alimentato con utilizzo di CO2 da bombola, miscelato con aria prodotta da un compressore. La miscela gassosa risultante è stata insufflata sotto forma di piccole bolle a partire dal fondo della colonna di assorbimento mediante due diffusori a pietra porosa. Le bolle generate risalgono dunque nella colonna accumulandosi in sommità per poi essere alimentate nel bioreattore.

Il piano e programma di analisi

Il periodo di osservazione sperimentale ha coperto un arco temporale di 33 giorni, dei quali 23 giorni feriali in cui il sistema è stato effettivamente attivato per seguire il programma operativo summenzionato. Il sistema è stato sottoposto ad una fase di acclimatazione iniziale, con una portata di ricircolo di 1500 ml/min e una concentrazione di COpari al 10%, per far sì che gli organismi fotosintetici potessero adattarsi. Al termine del periodo di acclimatazione è stata avviata l’effettiva sperimentazione, suddivisa in tre fasi. Durante le tre fasi tutti i parametri operativi del sistema sono stati mantenuti invariati, ad eccezione della portata di ricircolo che è stata fissata a 1500 ml/min nella prima fase, 2000 ml/min nella seconda fase e 3000 ml/min nella terza fase.

Risultati e discussione

Considerando che la portata della miscela gassosa è stata impostata e mantenuta costante a 100 ml/min e la concentrazione di CO2 al 15%, si è osservato nella prima fase, con portata liquida fissata a 1500 ml/min, una crescita della concentrazione microalgale da 0,266 g/L a 0,424 g/L ed efficienze di rimozione della CO2 gradualmente crescenti sino al valore di 72,2%. Nella seconda fase, l’aumento della portata liquida di ricircolo a 2000 ml/min ha evidenziato un ulteriore effetto positivo sia per la crescita microalgale, sia per le efficienze di rimozione della CO2;  infatti la concentrazione di biomassa è cresciuta da 0,3 g/L fino ad un massimo di 0,6 g/L e sono state ottenute efficienze di rimozione sino al 82,0%. Con l’obiettivo di aumentare la concentrazione massima di microalghe, nella terza fase, è stata aumentata la portata liquida a 3000 mL/min senza però aggiungere nutrienti, a differenza delle precedenti fasi. Nonostante l’aumento di portata, è stato osservato un decremento della concentrazione di biomassa, nonché delle efficienze di rimozione, a causa della condizione di privazione dei nutrienti a cui è stato sottoposto il mezzo di coltura. Infatti i nutrienti costituiscono fonte di azoto e fosforo, i quali sono fondamentali, insieme alla CO2, per la crescita delle microalghe. Durante l’attività di ricerca, inoltre, è stata effettuata la procedura di estrazione dei lipidi dalla biomassa algale essiccata, al termine sia della prima fase che della seconda. Il contenuto lipidico del campione di biomassa algale analizzato nella Fase I era pari al 19%, mentre quello analizzato nella Fase II era del 34%. L’incremento della percentuale di lipidi ha confermato il fatto che durante la fine della seconda fase la biomassa è stata sottoposta a condizione di stress, cioè a mancanza di nutrienti. Questo conferma come la coltivazione in condizioni di carenza di azoto porta ad un marcato aumento del contenuto di lipidi, ciò la rende una strategia comunemente usata per stimolarne l’accumulo \cite{Mandal_2009}.

Conclusioni

I risultati preliminari ottenuti durante l’attività confermano l’efficacia del sistema seedPBR quale processo sostenibile a base di microalghe e la sua efficienza di rimozione dell’anidride carbonica per controllare le emissioni di gas climalteranti. Il processo e la specifica tecnologia analizzata, inoltre, concorre alla produzione di biomassa fruibile come materia prima per prodotti energetici alternativi e rinnovabili, nell’ottica di una politica di economia circolare per un futuro più sostenibile.